La magia dei Candelieri, la grande festa di Sassari
Nel passato medievale della città affondano le radici della grande
Discesa. Una lunga storia di devozione all’Assunta, sacrifici economici e
fatica fisica.
La “Festha manna” ossia la “Festa grande”
dei Sassaresi è la processione dei Candelieri: una processione che è
anche festa di popolo e affonda le radici della propria origine nel
passato medievale della città: nel pieno XIII secolo Sassari fu
dipendente politicamente da Pisa, che diede alla città un ordinamento
comunale e inviandovi ad amministrare dei podestà. Da Pisa arrivò anche
il rito religioso di onorare la Vergine Assunta ogni “mezz’agosto” con
un’offerta in cera, recata da parte di tutta la popolazione cittadina
sotto forma di grandi ceri.
La cera vergine era all’epoca assai
importante, era di fatto una forma di “fonte di energia” (per usare
termini moderni), consentendo l’illuminazione e quindi aveva anche un
suo valore economico: il costo dell’offerta annuale era preso dalla
comunità civica e le corporazioni delle arti e dei mestieri, a nome
della popolazione cittadina, si assumevano il compito di trasportare
questa offerta fino alla chiesa dov’era festeggiata l’Assunta. I ceri
erano trasportati da portatori e posti sopra delle portantine, composte
probabilmente in origine da una semplice pedana quadrangolare dotata di
stanghe per facilitare la distribuzione del carico (i ceri di grosse
dimensioni). Questi ceri, che dovettero essere abbastanza alti,
probabilmente erano assicurati alla portantina da supporti alla base e
forse da tiranti nella parte sommitale per fare in modo che i movimenti
del trasporto non li lesionassero. A queste “strutture” di trasporto si
aggiungevano da parte dei fedeli decorazioni varie.
Dal medioevo l’uso dell’offerta in cera
sopravvisse a Sassari e si mantenne malgrado l’alternarsi delle
dominazioni, fino all’età spagnola, nel XVI secolo, quando questa
processione assunse nuovo valore, rinnovato nello spirito come voto alla
Vergine per far cessare le epidemie di peste che funestarono Sassari e
la Sardegna in varie occasioni, soprattutto nell’anno 1652.
Fu con le pestilenze di Cinquecento e del
Seicento che nacquero gli attuali Candelieri: l’offerta devozionale da
reale, ossia i grossi ceri, divenne simbolica, quando alla cera si
sostituì il legno e i fusti cilindrici divennero vere e proprie colonne,
tant’è che proprio nel Cinquecento nei documenti municipali si
menzionano le “columne incoronade”, ossia “colonne incoronate” per
l’evoluzione decorativa che riguardò la parte sommitale, dov’erano poste
immagini religiose (dipinte o incise) insieme a fiori, decori in carta,
nastri (questi ultimi evoluzione a loro volta dei tiranti che in antico
tenevano dritti i ceri sulle portantine).
I Candelieri così formati, sono annoverati quali “macchine a spalla” e
come tali riconosciuti e valorizzati dall’Unesco, insieme ad altre
macchine a spalla presenti in città italiane e del resto del mondo.
Mentre discendono per il corso cittadino, i Candelieri di fatto ballano,
vengono mossi creando (nei limiti del loro peso) delle figure di danza
ed è qui che il sentimento religioso trascende nella festa popolare,
momento di gioia in ricordo alle generazioni di Sassaresi passate,
scampate alle pestilenze.
È vero che in alcuni anni sia recenti sia lontani nel passato si è
trasceso, sbagliando, nell’eccesso (si contano lamentele anche nel
Settecento e nell’Ottocento da parte di governatori e prefetti) e ciò va
evitato per rispetto di tutti e del significato religioso.
Ma è pur vero che la gioia di vivere è in fondo il motore che portò chi
sopravvisse a quelle tremende epidemie a sobbarcarsi l’onere di
preparare la grande festa oltreché il peso di queste colonne di legno e a
festeggiare ringraziando la Vergine Assunta per poter ricostruire così
la quotidianità ed andare avanti, lavorando, mettendo su famiglia,
generando figli e sperando nell’arrivo di nipoti, stringendo amicizie:
insomma dare comunque senso alla propria vita, che è poi forse il senso
della vita.